martedì 24 aprile 2012

Siria: di padre in figlio

Pochi giorni fa rileggendo il libro di Massimo Campanini, Storia del Medio Oriente, ho ritrovato alcune interessanti pagine su Assad padre.
Nel 1982, per contrastare la minaccia islamista, di cui i Fratelli Musulmani erano i più importanti fautori, Hàfez al-Asad (Assad), il padre di Bashar Assad l'attuale presidente siriano, utilizzò l'esercito. Furono portati a termine veri e propri massacri, in particolare nella città di Hama. Ufficialmente vi persero la vita diecimila persone, ufficiosamente si parla di ventimila morti. 
Ora, ricorda Campanini, l'ascesa al potere di Assad padre, avvenuta nel 1970 non senza violenza, parla di un moderato rispetto ai suoi concorrenti, un riformatore nel settore dell'istruzione e dell'emancipazione femminile; un moderato che opera con la forza ogniqualvolta sente diminuire il consenso. Con la fine della prosperità economica, goduta dalla Siria per gran parte degli anni Settanta, l'ibrida gestione di governo (tra baathismo e credo alawita) di Assad si trasforma in regime autoritario: Damasco e le altre città si riempiono di giganteschi ritratti del padre e del custode della patria e il culto della personalità dilaga. E' sempre con Assad padre che il paese dapprima assurge a unico difensore dei palestinesi, poi si inimica l'opinione pubblica internazionale con l'intervento in Libano del 1976 e, infine, nel più totale isolamento - se si eccettua la collaborazione con Mosca - si avvicina all'Iran di Khomeini, entrando nel club dei nemici di Washington. Con la scelta di Assad si costituisce così un'asse sciita o filosciita che si estende dal Libano meridionale, dove si trova Hizbollah, a Damasco a Teheran.
Nel 2000, alla morte di Assad, gli succede il figlio Bashar, il riformatore, come lui ama definirsi. Il paese occupava allora, ricorda Campanini, una posizione precaria: era indicato dall'amministrazione George W. Bush come uno dei componenti dell'asse del male e il contenzioso con Israele era ancora aperto (la Siria non aveva e non ha rinunciato alle alture del Golan). Nel 2005 la situazione si aggrava: la Siria viene costretta a ritirare le proprie truppe dal Libano meridionale all'indomani della morte del primo ministro libanese Rafiq Hariri (assassinio ufficialmente attribuito ai servizi segreti siriani) e poco dopo la caduta di Hussein mette ancor più in crisi il governo di Assad.
"La Siria", commentava Campanini alla fine del 2009 poco prima di mandare in stampa il suo volume, "appare oggi uno dei paesi più fragili dello scacchiere mediorientale".
Esattamente un anno dopo, commentando sul Wall Street Journal i fatti di Tunisia e Egitto che avrebbero di lì a poco dato il via alla Primavera araba, Assad asseriva che il suo paese non avrebbe corso il rischio di un movimento rivoluzionario antigovernativo come quelli in corso, poiché la Siria era un paese stabile e stretto era il legame con i sentimenti del popolo.
Alla fine di febbraio un gruppo di ragazzini, tra gli undici e i tredici anni, decide di imitare i ribelli tunisini e egiziani, ne copia lo slogan e lo modifica inserendovi l'appellativo con cui viene chiamato il presidente, "dottor Assad" e lo trascrive sui muri perimetrali di quattro scuole di Deera. La reazione è immediata: le scritte cancellate, i ragazzini arrestati, picchiati e rilasciati molte ore dopo. Il 18 marzo dopo la preghiera di mezzogiorno, uscendo dalla Moschea di Omar Ibn Al Khattab, la gente forma un corteo, è l'inizio della primavera siriana e della dura repressione del figlio Assad.

Libro citato: Campanini Massimo, Storia del Medio Oriente, Il Mulino, 2010