martedì 16 febbraio 2016

“Io non mi arrendo” e le mie mani nel percolato

di Beatrice Benocci

Stanotte non ho dormito. Ho visto la prima puntata di questa fiction abbracciata a mio figlio dodicenne. Tutto vero, tutto drammaticamente vero. Mentre scorrevano le immagini di quel racconto, ho ripercorso la mia personale esperienza di giornalista di inchiesta e membro di una associazione di volontariato nel campo dello smaltimento illecito dei rifiuti. Mi sono tornate in mente le passeggiate tra i rifiuti di discariche abusive, la volontà di riprendere tutto, le corse con l’operatore per non farsi vedere da chi gestiva quei luoghi (discariche, cave, fabbriche) e, soprattutto, lo schifo. Lo schifo e le mucche che pascolavano sui rifiuti. La faccia del contadino che ci guardava con occhi senza occhi.
Ecco. Poi mi sono ricordata le lunghe ore di attesa fuori dalla stanza della politica. L’incredulità di quegli uomini, chiamati a gestire il territorio, la loro incapacità di comprenderne la gravità, soprattutto la voglia crescente di cancellarci per non dover pensare a qualcosa che non aveva nulla di affascinante dal punto di vista politico, nulla di spendibile in termini elettorali.
Sono stati anni di grande solitudine personale. Nella consapevolezza che il territorio si ammalava e con esso tutti coloro che mangiavano quei prodotti, a sud e a nord. Prodotti che entravano nel circuito della piccola e grande distribuzione.
Spesso sentivo dire che da toscana non potevo comprendere la realtà locale. Credo di averla compresa molto bene.
La cosa strana è che non sto parlando del casertano e del napoletano, non sto parlando della terra dei fuochi; sto parlando del salernitano, che nel suo piccolo non è rimasto illeso da quelle dinamiche di sfruttamento e deturpazione del territorio, di mancanza di rispetto dei cittadini, di scarso o nullo senso civico dei politici.
La Campania è stata ed è una terra di confine, in tutti i sensi. Oggi, i campani meriterebbero delle risposte serie dalla politica. Meriterebbero di conoscere dove e in che quantità sono stati sepolti i rifiuti (urbani, tossico-nocivi, pericolosi); quali aree devono essere definitivamente bonificate, quali non potranno mai più essere adibite a coltivazione. I campani dovrebbero essere risarciti, e non solo in termini economici; dovrebbero ottenere le scuse di chi li ha mal gestiti in tutti questi lunghi decenni, di chi ha omesso, nascosto; di chi ha sfruttato e si è arricchito, di chi era ed è ancora connivente.
Soprattutto meriterebbero una classe politica seria e competente.
E poi, come in quegli anni, persiste il desiderio di vedere almeno una volta i cittadini campani uniti e indignati, consapevoli e volenterosi di ridare speranza a questa regione. Se non si salva Caserta, se non si salva Napoli, non si salva la Campania.

In copertina Beppe Fiorello nello sceneggiato di Raiuno interpreta il poliziotto Roberto Mancini