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La solitudine delle donne
di Beatrice Benocci
Leggo spesso nello sguardo delle donne che incontro quel senso di
smarrimento che le attanaglia nel momento in cui devono chiedere
qualcosa, rivendicare un ruolo e un posto nel mondo. Leggo spesso nello
sguardo delle mie compagne di viaggio lo struggimento dettato dal
doversi dividire tra gli adorati figli e il lavoro anch’esso adorato e
desiderato. Sto parlando di donne che non sono costrette a vendere
l’anima e a distruggersi il fisico per racimolare un pezzo di pane, ma
di donne che hanno un lavoro riconosciuto, a volte ben pagato.
Leggo in loro quello smarrimento che è anche il mio, che nasce dalla consapevolezza che dovrai chiedere qualcosa che sta già nella tua storia, per cui se nata, sei adatta e consapevole. Leggo in loro lo smarrimento di questi tempi, in cui si stringono i ranghi perché le risorse scarseggiano. Chi vince? L’uomo o il compagno? Non vince nessuno, vince la morte civile. Le donne si piegano, tornano a casa e attendono, si ripiegano sui propri figli, meno adorati un po’ più sopportati. Cosa attendono? Tempi migliori? Non saprei. Quello che so è ciò che sento e vedo. Vedo uomini sempre più fragili, arroccati, incapaci di condividere ciò che hanno, spesso governano, sicuramente rivendicano. Vedo giovani uomini istruiti, molto fragili ma arrabbiati dalla magrezza delle risorse, già pronti a ricacciare le donne nell’antico focolare domestico. Sale un motto non detto “meno donne, più posti di lavoro”.
Leggo in loro quello smarrimento che è anche il mio, che nasce dalla consapevolezza che dovrai chiedere qualcosa che sta già nella tua storia, per cui se nata, sei adatta e consapevole. Leggo in loro lo smarrimento di questi tempi, in cui si stringono i ranghi perché le risorse scarseggiano. Chi vince? L’uomo o il compagno? Non vince nessuno, vince la morte civile. Le donne si piegano, tornano a casa e attendono, si ripiegano sui propri figli, meno adorati un po’ più sopportati. Cosa attendono? Tempi migliori? Non saprei. Quello che so è ciò che sento e vedo. Vedo uomini sempre più fragili, arroccati, incapaci di condividere ciò che hanno, spesso governano, sicuramente rivendicano. Vedo giovani uomini istruiti, molto fragili ma arrabbiati dalla magrezza delle risorse, già pronti a ricacciare le donne nell’antico focolare domestico. Sale un motto non detto “meno donne, più posti di lavoro”.
Non aiutano le donne che ancora ebbre di un mai sopito femminismo
attaccano con violenza gli uomini; sono queste donne retaggio di un
passato che non legge il presente, che non vede l’avanzare di nuove
generazioni, di maschi e di femmine confusi e ancora una volta incapaci
di collaborare. Non aiutano gli uomini carichi di un maschilismo mai
rifutato che ancora oggi guardano alla donna e ai figli come ad un
oggetto. Vorrei sentir parlare di “persone”, di collaborazione,
compassione, condivisione tra le persone; vorrei che fossero i padri e
le madri per primi a rifiutare ogni violenza psichica e fisica, a
imbastire un percorso di crescita dei loro figli basato sul concetto di
persona. Altrimenti le donne rimarranno schiave della loro atavica
solitudine.