mercoledì 3 dicembre 2014

Consiglio, oggi, anche questo articolo di Margherita De Bac, pubblicato su Il Corriere.it:

http://27esimaora.corriere.it/articolo/ho-donato-gli-ovociti-la-ricompensa-aiuta-le-motivazioni-economiche-non-bastano/

Ho donato gli ovociti: la ricompensa aiuta. Le motivazioni economiche non bastano
di Margherita De Bac

Mille euro in cambio di ovociti. Mille euro per «donare» la fertilità a un’estranea. «Non per denaro. Anche senza ricompensa lo rifarei. Non sapevo che avrei ricevuto soldi. Però sono sicura che ad altre ragazze farebbero gola e non sarebbero spinte dal solo desiderio di aiutare il prossimo». Alessandra, 22 anni, studentessa di architettura a Roma, vicina alla laurea. Bruna, occhi castani, alta, fisico snello. Bella ragazza. È la prima donatrice pagata per i suoi ovociti, utilizzati in un trattamento di fecondazione eterologa, appena riammessa in Italia a giugno con sentenza della Corte Costituzionale. La legge italiana e il documento condiviso dalle Regioni vietano la compravendita di gameti (ovociti e spermatozoi) e prevedono per chi decide di cederli un rimborso spese non altrimenti definito. Il racconto di Alessandra è la dimostrazione che il divieto è solo sulla carta. Forse, senza una forma di ricompensa, le donatrici sarebbero rarissime. 
Come hai saputo di questa possibilità?
«Volevo donare il sangue. Poi ho saputo per caso da una amica che un centro romano cercava volontarie col passaparola. Conosco il problema dell’infertilità per un’esperienza familiare. So quanto soffrono le donne che non possono avere bambini. Così ho deciso. Non ho bisogno di soldi né sapevo ne avrei ricevuti. Però credo sia necessario incentivare chi non le mie stesse motivazioni. Oltretutto è un gesto che richiede tempo e impegno».

Come è andata? «Mi sono presentata in clinica per dare la mia disponibilità e dopo una lunga serie di analisi sono stata dichiarata idonea. Poi ho cominciato una cura di ormoni che servono a stimolare la formazione di follicoli, dove si forma l’ovocita. Un’iniezione al giorno sulla pancia, accanto all’ombelico. A me sono bastati 10 giorni, di solito sono un paio di settimane. In quel periodo ho avvertito un po’ di gonfiore e senso di pesantezza. Una ragazza che ha cominciato con me dopo le prime punture si è fermata e ha rinunciato. Lei lo faceva per soldi. Ecco perché sostengo ci vogliano motivazioni diverse da quelle economiche».
Sei andata in clinica per i controlli ogni due giorni fino a quando è arrivato il momento del prelievo, è così?
«
Sotto sedazione, mi hanno prelevato il liquido dei follicoli. Il tutto è durato 20 minuti, poi ho aspettato altri 10 minuti per smaltire l’anestesia leggera. Mi sono ritrovata con una pancia molto gonfia, come se fossi incinta, ma in breve sono tornata normale».
Un bambino potrebbe nascere e assomigliarti. Non ti fa un certo effetto?
«A parte la curiosità, sono contenta che questo bambino avrà una mamma amorosa. Mi piace immaginare i dettagli, ad esempio avrà il mio naso, la mia bocca? Lo penso identico a me. A un’amica non potrei donare perché non potrei rivedere me stessa in suo figlio. La piena consapevolezza di quanto sia importante donare l’ho raggiunta quando nella sala d’aspetto della clinica vedevo coppie che si prendevano per mano e si davano coraggio, “ dai che andrà bene”».
Dopo questa esperienza il tuo senso di maternità si è sviluppato? Ci penso più seriamente di prima. I medici che mi hanno seguita mi hanno fatto capire quanto sia importante per una donna avere figli. E’ un completamento necessario».
Hai raccontato il tuo segreto? «Le mie amiche lo sanno. Nove su dieci hanno detto che sono contrarie a donare la parte più intima di una donna, l’identità genetica».
Hai chiesto informazioni sulla donna che ha avuto i tuoi ovociti?
«
Non si può per legge e non mi interessa. Spero sia andato tutto bene e che sia felice».
E se un giorno ti dicessero che questo bambino vorrebbe sapere chi sei?
«
Negherei l’autorizzazione ad avere i miei dati. La distanza va mantenuta. Preferisco sognarlo e immaginare che avrà una vita serena».