mercoledì 10 ottobre 2012

Il tempo corto delle donne

Il tempo corto delle donne

Quasi ogni giorno ci informano che in Italia le donne non percepiscono lo stesso stipendio degli uomini, a parità di ruolo e responsabilità, e non hanno le stesse possibilità di carriera. C'è chi grida allo scandalo e invoca le quote rosa, c'è chi inneggia alla presunta differenza e invita le donne a occuparsi della famiglia. Bene.
L'inizio dell'anno scolastico rappresenta la risposta a ogni domanda. Oggi siamo al 10 di ottobre e la scuola di mio figlio (storica scuola a tempo pieno della città in cui vivo) non ha attivato, né la mensa, né il prescuola. Dato che questo rito iniziatico si ripete ogni anno, se va bene, in un anno riesco a lavorare in modo proficuo e lineare per non più di sei mesi. I conti sono semplici. La scuola inizia a metà settembre e fino alla metà/fine ottobre offre un orario giornaliero di cinque ore, dalle 8,30 alle 13,30. La mamma lavoratrice riesce a raggiungere il posto di lavoro alle 9 per poi lasciarlo intorno alle 13.00. Cosa che spesso porta i capi e i colleghi a dire, ma perché non ti prendi le ferie?
Verso la fine di maggio il dirigente scolastico comunica che il servizio di mensa si concluderà inderogabilmente il 31 maggio (sebbene il Comune offra il servizio mensa sino al 30 di giugno). Da questo momento in poi l'orario scolastico torna alle scarse cinque ore giornaliere. Con al seguito i soliti rimproveri o sorrisetti dei colleghi di lavoro (ma perché questa non si prende le ferie? E poi quanto saranno lunghe ste ferie!!) Intorno al 10 di giugno la scuola chiude (quest'anno la chiusura è prevista per il giorno 8 giugno). I successivi mesi sono l'apoteosi del disastro lavorativo e familiare.
Ma, coram populo, l'Italia è il paese dei nonni, che se di buona volontà e in salute sopperiscono a tutte le carenze di questo sistema sociale!
E chi i nonni non li ha? E chi non può permettersi una baby sitter o la ludoteca perché questo porterebbe via un intero stipendio?
Chiudo con un aneddoto personale. Il primo anno di scuola dell'infanzia di mio figlio (attenzione a non chiamarlo asilo ...!) mi ha visto protagonista del seguente teatrino:
Maestra: Signora dobbiamo inserire nel modulo dei numeri di telefono utilizzabili in caso di necessità.
Io: va bene. E scrivo quello mio e di mio marito.
Maestra: e poi? Un nonno?
Io: no, non c'è.
Maestra: uno zio?
Io: no, non c'è.
Maestra (molto infastidita): una baby sitter, una colf, signora qualcuno oltre a voi due?
Io: no, non ci sono. Siamo solo noi due.
Ecco, uno stato sociale e moderno dovrebbe contemplare anche (e sono tante) le famiglie moderne, costituite appunto da genitori e figli, e non fare affidamento su un concetto di famiglia allargata o benestante cui delegare le proprie deficienze.
Questo è il tempo corto delle donne, che per motivi più che evidenti non possono, né eccellere, né competere con i loro amati compagni e coniugi.

10 ottobre 2012