Il Pd non utilizzi il successo per rafforzare i vecchi apparati
di Alfonso Conte
Alcune
immagini riguardanti esponenti del Partito Democratico all’indomani del
successo di Bersani sembrano rinviare a quella strana sensazione di
euforia che prende, nonostante i segni ancora evidenti del disastro, i
sopravvissuti ad un cataclisma, ad un naufragio. Scampato il pericolo,
resta lo stato di forte eccitazione, sicché capita spesso che la
consapevolezza di aver salvato la propria pelle trasformi il panico
vissuto qualche ora prima in un’allegria smodata, prevalente finanche
sul dolore per i compagni di viaggio scomparsi o per le cose andate
distrutte. Renzi torna a fare il sindaco, il Centro-destra appare
incapace di uscire dal vicolo cieco in cui si è ficcato, i media
riescono a rappresentare il movimento di Grillo come una setta di
invasati e il Centro-sinistra raggiunge livelli di consenso mai
conosciuti in passato … eppure, di fronte a bottiglie stappate,
compiaciuti sorrisi e complici sguardi d’intesa, non sono pochi coloro i
quali si chiedono: ma che avranno mai da festeggiare?
In effetti, già un nuovo appuntamento attende gli uomini dell’apparato:
la presentazione delle liste dei candidati in vista delle imminenti
elezioni politiche. Si tratta di un banco di prova significativo
innanzitutto per il segretario del PD e candidato del Centro-sinistra
alla Presidenza del Consiglio, costretto a dimostrare da subito di saper
operare una sintesi convincente tra coloro i quali hanno contribuito al
suo successo alle Primarie, ora in attesa di vedersi assegnare
sostanziose ricompense, e quel 40% di elettori del Centro-sinistra, i
quali hanno ampiamente manifestato il proprio disappunto verso il
partito “vecchio” e potrebbero in gran parte, dopo una contrapposizione
logorante soprattutto a livello periferico, decidere di ritirare il
sostegno se il partito non dimostrerà di sapersi rinnovare. Inoltre,
dopo i costi pagati per colpa dei vari De Gregorio e Scilipoti e con un
partito in fermento, le scelte saranno condizionate anche dall’esigenza
di mandare in Parlamento persone ligie alle direttive della segreteria
centrale; ma, se è evidente che i quadri dell’apparato risultano di gran
lunga più affidabili mentre gli esterni meno controllabili, è pur
chiaro che tanti elettori del Centro-sinistra troverebbero del tutto
inaccettabili candidature indicate in virtù di logiche antiquate (di
ex-parlamentari proiettati verso il quinto o il sesto mandato, di
dirigenti provinciali da promuovere deputati in virtù di “legittime
aspirazioni alla progressione di carriera”, di figli e nipoti cooptati
dalla casta, per non dire di pregiudicati e voltagabbana). Ciò sarà
ancor più evidente se, come ormai appare molto probabile, la legge
elettorale resterà immutata e gli elettori continueranno a non poter
esprimere le loro preferenze.
Le Primarie sono ormai concluse, ma l’apparato del PD non può pensare di
aver risolto una volta per tutte le questioni all’ordine del giorno
grazie al successo conseguito. I risultati hanno ribadito il suo peso,
soprattutto al Sud, ma hanno anche svelato la crescita di un voto
d’opinione indipendente, liberato da vincoli ideologici ed incline a
premiare soggetti diversi in base alle diverse circostanze. Anche per
questo, soprattutto al Sud, c’è ancora speranza.