“Io non mi arrendo” e le mie mani nel percolato
di Beatrice Benocci
Stanotte non ho dormito. Ho visto la prima puntata di questa fiction
abbracciata a mio figlio dodicenne. Tutto vero, tutto drammaticamente
vero. Mentre scorrevano le immagini di quel racconto, ho ripercorso la
mia personale esperienza di giornalista di inchiesta e membro di una
associazione di volontariato nel campo dello smaltimento illecito dei
rifiuti. Mi sono tornate in mente le passeggiate tra i rifiuti di
discariche abusive, la volontà di riprendere tutto, le corse con
l’operatore per non farsi vedere da chi gestiva quei luoghi (discariche,
cave, fabbriche) e, soprattutto, lo schifo. Lo schifo e le mucche che
pascolavano sui rifiuti. La faccia del contadino che ci guardava con
occhi senza occhi.
Ecco. Poi mi sono ricordata le lunghe ore di attesa fuori dalla stanza della politica. L’incredulità di quegli uomini, chiamati a gestire il territorio, la loro incapacità di comprenderne la gravità, soprattutto la voglia crescente di cancellarci per non dover pensare a qualcosa che non aveva nulla di affascinante dal punto di vista politico, nulla di spendibile in termini elettorali.
Ecco. Poi mi sono ricordata le lunghe ore di attesa fuori dalla stanza della politica. L’incredulità di quegli uomini, chiamati a gestire il territorio, la loro incapacità di comprenderne la gravità, soprattutto la voglia crescente di cancellarci per non dover pensare a qualcosa che non aveva nulla di affascinante dal punto di vista politico, nulla di spendibile in termini elettorali.
Spesso sentivo dire che da toscana non potevo comprendere la realtà locale. Credo di averla compresa molto bene.
La cosa strana è che non sto parlando del casertano e del napoletano,
non sto parlando della terra dei fuochi; sto parlando del salernitano,
che nel suo piccolo non è rimasto illeso da quelle dinamiche di
sfruttamento e deturpazione del territorio, di mancanza di rispetto dei
cittadini, di scarso o nullo senso civico dei politici.
La Campania è stata ed è una terra di confine, in tutti i sensi.
Oggi, i campani meriterebbero delle risposte serie dalla politica.
Meriterebbero di conoscere dove e in che quantità sono stati sepolti i
rifiuti (urbani, tossico-nocivi, pericolosi); quali aree devono essere
definitivamente bonificate, quali non potranno mai più essere adibite a
coltivazione. I campani dovrebbero essere risarciti, e non solo in
termini economici; dovrebbero ottenere le scuse di chi li ha mal gestiti
in tutti questi lunghi decenni, di chi ha omesso, nascosto; di chi ha
sfruttato e si è arricchito, di chi era ed è ancora connivente.
Soprattutto meriterebbero una classe politica seria e competente.
E poi, come in quegli anni, persiste il desiderio di vedere almeno
una volta i cittadini campani uniti e indignati, consapevoli e
volenterosi di ridare speranza a questa regione. Se non si salva
Caserta, se non si salva Napoli, non si salva la Campania.