Renzi, gli italiani e la delega ipocrita
di Beatrice Benocci
In questi mesi non ho più voluto trattare il tema politico. Il motivo è
stato quello di aspettare, comprendere l’azione di governo e vederne gli
esiti. Ora, da più parti piovono critiche contro il governo Renzi,
molte condivisibili, altre molto pretestuose. Personalmente non sono né
soddisfatta, né insoddisfatta. Registro però un dato che trovo più
preoccupante del tanto discusso insuccesso di Renzi, tutto ancora da
dimostrare.
Ciò che più mi ha sorpreso è stato notare come nel volgere
di poche settimane, dopo la nomina di Renzi alla presidenza del
consiglio, gli italiani siano tornati al loro classico sport. Se
teoricamente tutti erano e sono per il cambiamento, in pratica tutti
(chiaramente le eccezioni ci sono sempre) hanno continuato a pretendere e
a mettere in essere piccoli e grandi privilegi, a perpetuare il sistema
clientelare, a muoversi secondo appartenenza e conoscenza. Il merito e
l’impegno, il senso di responsabilità, sono caduti come sempre nel
dimenticatoio. Il caso dei vigili urbani di Roma, che hanno utilizzato
tutti gli strumenti possibili per rimanere a casa la vigilia di
Capodanno, già ampiamente trattato dalla stampa, ne è solo un esempio.
Il punto è questo, se vogliamo un paese diverso, dobbiamo lavorare tutti
per ottenerlo. Non si tratta di essere moralisti, si tratta di essere
coerenti. Ognuno di noi, in modo più che lecito, dovrebbe dirsi se vuole
una vita di impegno civico e quindi anche fatta di rinunce, forse di
insuccessi, di volontariato o, al contrario, una vita più semplice,
sempre appagante, sicuramente vincente. È chiaro che sto parlando di chi
oggi è garantito nel reddito e nelle relazioni (che continuano a
rappresentare la formula più valida di collocamento), che quindi non
rischia di perdere la casa, di non pranzare, di non risollevarsi da una
situazione di indigenza. Sto parlando di coloro che proprio grazie a una
condizione oggi favorevole potrebbero far parte di quel cambiamento da
tutti invocato, ma ancora una volta delegato a un uomo solo, a una
squadra di governo, che quasi per magia dovrebbe poter cambiare le
sorti, l’educazione e la cultura di un popolo intero. La scelta è sempre
libera, ma è la coerenza che manca, è la scelta di campo che manca e,
purtroppo, è l’ipocrisia che resta. E resta in tutti i processi della
vita di questo paese, ogniqualvolta ci si nasconde dietro i burocratismi
e i diritti acquisiti. Per essere più chiari, dovremmo chiedere a gran
voce lo snellimento delle procedure nella pubblica amministrazione, la
fine dell’attuale sistema di reclutamento universitario, la
semplificazione di quello della scuola e della stessa pubblica
amministrazione, la modifica delle contorte (ed inefficaci) procedure di
gara per l’affidamento dei servizi e gli appalti pubblici; e, ancora,
dovremmo chiedere un sistema sanitario ovunque efficiente in Italia
(basta con questi viaggi della speranza verso Nord), una scuola che non
deve più chiedere carta igienica e sapone alle famiglie. Ma queste cose
già le sappiamo. E allora perché nessuno le chiede, le pretende? Forse,
in molti dovremmo scendere dal carro di coloro che criticano per salire
su quello di coloro che cercano di trasformare, modernizzare, cambiare
il paese (anche incorrendo in grandi errori), in modo da farlo diventare
il carro dei vincitori e questo, nella mia visione, è sempre
nell’interesse di chi verrà dopo di noi, perché noi non siamo
proprietari, ma solo custodi del presente.